Il suo sogno era quello di cavalcare nelle grandi praterie del Wyoming in sella ad un “Quarter” il mitico cavallo dei cowboy. Roberto ora invece cavalca nelle praterie del cielo, forse con un amico con il quale condivideva la medesima passione.
Famiglia originaria di Terni, nato a Trieste 73 anni fa (il padre era commissario di polizia di frontiera), Roberto Felici ha poi vissuto a Roma (dove prese il brevetto di volo), poi a Bologna e in provincia per approdare infine a Ferrara quando si è sposato con Maurizia.
Chi scrive lo ha conosciuto nel 2005 in un maneggio dei colli bolognesi, il Red Rose Ranch: un mondo veramente “pet terapy”, come si direbbe oggi, con al centro il cavallo, di ogni età e di ogni razza. Un luogo in cui si parlava di doma, di trekking, di stili di monta, di rapporto cavallo-cavaliere; dove l’entusiasmo per l’equitazione era palpabile e ti avvolgeva. Roberto era un lettore attento di testi di equitazione (se poi parlavano di cowboy, Far West o di indiani era ancora meglio) e di riviste del settore (Cavallo Magazine era la sua preferita); spesso, davanti ad un immancabile bicchiere di vino e una sigaretta (troppe!) condivideva con gli amici ciò che aveva letto o le esperienze che aveva vissuto in sella: una passeggiata a cavallo, la nuova sella che voleva acquistare, il lavoro di un maniscalco.
Ma la sua peculiarità era la passione che riusciva a trasmettere quando ti insegnava a cavalcare all’americana” beninteso. Era un maestro attento e paziente, puntuale nelle critiche e pignolo nel correggerti l’assetto (“talloni in basso”, “non tirare in bocca al cavallo!” ti urlava con la sua voce roca dal fumo delle sigarette). Quando eri in sella, non ti abbandonava un istante spronandoti a migliorare sempre e ad essere un “tutt’uno” con il tuo cavallo. I bambini che frequentavano il Red Rose Ranch, Ilaria, Ambra, Alessandro – per citarne alcuni – lo adoravano per il suo modo paziente e scanzonato con cui trasmetteva loro l’ABC della monta western.
E’ qui che conosce Maurizia, piombata da Ferrara in questo strano microcosmo. Anche lei impara a cavalcare montando Cicco un cavallo argentino, non più giovane, ma estremamente paziente con i neofiti, come il suo padrone. Si sposano e lui si trasferisce a Ferrara portando con sé Lucy, la sua adorabile Quarter dell’allevamento Piazzi dal manto sauro che lo segue in alcuni maneggi della zona: Sant’Agostino, Francolino e Dosso. Con Lucy Roberto nei fini settimana partecipa con buoni risultati a gare di gimcana.
La casualità vuole che Roberto e la moglie vadano ad abitare a poche decine di metri dalla casa del presidente Uaipre Angelo Grasso. Ci vuole poco perché questi due uomini di cavallo si conoscano: l’immancabile aperitivo serale al bar sotto casa è l’innesco di un’amicizia.
Le loro chiacchiere si basavano soprattutto su due fondamentali argomenti: il calcio da una parte, ma soprattutto sull’equitazione dall’altra, e in questo caso il dibattito, lungo quanto un bicchiere di Prosecco (se non due!) era assicurato. Ognuno dei due perorava le qualità e le attitudini delle proprie razze preferite, disquisiva sulle selle, sulle rispettive monte da lavoro, sull’eleganza dei Pura Raza Española rispetto ai più rustici ma più scattanti e veloci Quarter o Appaloosa. Avevano in comune un solo ma fondamentale punto di incontro: il benessere e il rispetto per il cavallo.
Il presidente Uaipre Angelo Grasso lo ha voluto ricordare queste parole, “Ho avuto il piacere di apprezzarlo e, nonostante, fosse un cowboy – sottolinea ironicamente”. ”Era una persona estremamente sensibile e rispettosa del nostro amico a quattro gambe. Devo confessare che dopo anche un paio di bicchieri ho cercato più volte di convertirlo al cavallo spagnolo purtroppo senza mai riuscirci”.
In sella ad un Quarter o un Appaloosa, ad un Cruzado o a un Pura Raza Española Roberto cavalca sereno e libero, come era il tuo desiderio: rimarrai sempre nei nostri cuori.
Gino Perin
Nella foto: “Anche i cowboy possono cavalcare cavalli con sangue spagnolo” Roberto in sella a Dinamite